venerdì 30 gennaio 2015

Arlington park e la gabbia della maternita'

" Arlington park" di Rachel Cusk, pag. 262, ed. 2007,Mondadori, Euro 17,50.




Ho cercato questo romanzo in biblioteca dopo aver visto un servizio in cui intervistavano alcuni scrittori contemporanei inglesi, tra cui l'autrice.
Sono rimasta molto colpita dalle sue parole, dall'ammissione che, dopo l'uscita dei suoi romanzi, abbia subito una sorta di isolamento e sia stata aspramente criticata da moltissime donne e madri.
Perché questo romanzo parla di donne che si sentono in trappola, depresse, "morte" dentro, soffocate dal marito, dai figli, dal quartiere borghese e tranquillo in ci vivono, dalle loro scelte di vita, talora inconsapevoli, talora lucidamente volute, eppure rivelatesi inadeguate.
Juliet, ad esempio, che pensa che tutti gli uomini uccidano le donne, piano piano, impercettibilmente ma inesorabilmente, rubando loro anima e sogni, soffocandole e soggiogandole, in un sottile gioco psicologico di denigrazione, in cui la maternità ha un ruolo fondamentale.
Lei, con una laurea e voti brillanti, lei che tutti pensavano sarebbe diventata "qualcuno", ora è  "solo" una madre ed una moglie, nonché una ordinaria insegnante.
E allora cerca disperatamente di allontanare le sue giovani allieve dagli uomini, proponendo loro la lettura di romanzi con figure femminili ribelli o, al contrario, fragili e spezzate proprio dalla scelta del matrimonio e della maternità.

Amanda e' fredda, forse incapace di provare amore. E la sua missione e' sopravvivere al figlio maschio, che in quante tale fatica ad amare, come Juliet, e crescere la figlia a sua immagine e somiglianza, per proteggerla dalla vita.

E poi c'è l'amica incinta del quarto figlio, che vede la luce dopo aver affittato una stanza libera della casa, scoprendo nelle inquiline che si susseguono una via di fuga e imparando a vedere sotto altra luce la sua esistenza, prima subita.

E Christine, che più che depressa pare sguazzare nel cinismo, nella cattiveria e nell'egoismo, ma ha almeno il pregio di non nascondersi dietro falsità e perbenismi e di chiamare le cose come stanno.

Cinque donne che hanno in comune il luogo di residenza e la condizione di moglie e madre, descritte, nei loro pensieri e nelle loro azioni, in un ordinario giorno feriale di ad Arlington Park, nella periferia benestante e collinare di Londra, quasi in un altro mondo.
Si incontrano, parlano e interagiscono con i propri figli, svelando la loro insoddisfazione e frustrazione e cercando, ciascuna a modo suo, la propria via di fuga, aspirando alla accettazione di se'.

Sentimenti che si possono comprendere, almeno in parte.
Perché dubito vi siano madri e mogli che non siano mai sentite, anche solo per un istante, quasi soffocate dai legami familiari.

"La famiglia era un luogo pericoloso in cui vivere: turbolento come il mare aperto sotto un cielo insidioso, con alleanze mutevoli, le raffiche di cattiveria e di bontà, le grandi onde battenti di malumore e mortalità, l'incessante alternarsi di calma e tempesta. Poteva arrivare un acquazzone o un raggio di luce rasserenante, ma alla fine non c'era più differenza! Il significato degli avvenimenti scompariva, se paragonato alla necessità di farcela, di sopravvivere." (Pag. 206).

Un romanzo forte, bellissimo, intenso, doloroso, triste, cinico, spietato e sincero, sulla condizione femminile e la maternità.
Da leggere con lo stato d'animo adatto, ma da leggere.
Non fosse altro che per rallegrarsi della propria felicità è ricordare che la vita va scelta giorno per giorno.
Ripensandoci, la mia malinconia post parto in confronto è stata una passeggiata!

La scrittrice e' nata nel 1967 e ha scritto cinque romanzi. Vive a Brighton con il marito fotografo e le figlie.

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