venerdì 13 novembre 2015

"Il respiro del buio"

"Il respiro del buio" di Nicolai Lilin, ed. Einaudi, pag. 297

In questo terzo romanzo, dopo "Educazione Siberiana", in cui l'autore racconta la sua infanzia di bimbo siberiano nella comunità di criminali onesti della Transinistria e la sua detenzione in un carcere minorile, e "Caduta Libera", racconto del successivo periodo vissuto quale cecchino e sabotatore nell'esercito russo, in cui è stato costretto ad arruolarsi, fino al congedo, Lilin ci mostra le difficoltà di inserimento nella vita "civile" della Russia post comunista e la sua difficile ricerca di una nuova vita.

L'autore si trova catapultato in una società in cui regna la corruzione ed il consumismo, in cui la popolazione cerca solo di dimenticare guerre e regime e di emulare lo stile di vita dell'Europa Occidentale.

Gli ex soldati, che meriterebbero ringraziamenti e sostegno dopo aver combattuto per il proprio paese e rischiato la vita in condizioni disumane (spesso in conflitti che non hanno scelto e che non condividevano) non sono ben accetti, anzi, vengono continuamente emarginati e respinti.

"Io sapevo di morte ed ero una minaccia per la gente, minacciavo l'assoluta delle loro coscienze, la sacralità delle loro vite. io conoscevo da vicino l'oggetto delle loro più grandi paure. credevo di aver abbandonato la guerra, e invece la guerra ero io." Pag. 176

Un periodo di ritorno alle origini ed alla famiglia, in Siberia, aiuta l'autore a cacciare i propri fantasmi e a non cadere preda di depressione, alcool o droghe.

"Da quando ero andato in Siberia a trovare nonno Nikolaj per la prima volta, a otto anni, percepivo la differenza tra la vita nella mia città e quella nel bosco. La gente di quei posti era umile e vera, come se assorbisse il proprio carattere dalla terra. La Natura e menava l'unico potere possibile, più ti avvicinavi a lei, più sentivi la tua debolezza, la tua inutilità. Bastava inoltrarsi nella Taiga per dimenticare l'ambizione è le manie di grandezza, il treno viaggiava in mezzo ai boschi e i boschi non finivano mail e chilometro dopo chilometro il tuo ego rimpiccioliva a misure embrionali. Nel bosco apparire non serviva a niente, serviva solo vivere, sapere che ogni cosa esistente seguiva il suo corso, e lo stesso valeva per te, piccolo uomo in mezzo all'immenso regno degli alberi, perso tra nevi, fiumi, laghi e paludi. Nel bosco la mia vita si sarebbe dissolta, io stesso sarei diventato una goccia nel grande oceano della Natura." Pag. 66

L'equilibrio ritrovato non basta, tuttavia, a fargli trovare un lavoro.

Così l'ex- soldato e' costretto a inserirsi in una società che, con una organizzazione para- militare, fornisce protezione ed un politico influente.

Un incarico che, da un lato, lo aiuta a sentirsi utile e a ritrovare lo spirito cameratesco di un tempo, dall'altro però, gli mostrerà chiaramente che ne ha abbastanza di quella vita.

Ancora una volta, quindi, ripartirà alla volta dell'ignoto ma con una speranza nel cuore.

Consigliato, anche solo per conoscere un pezzo di storia di cui non si parla abbastanza e avere una idea di un luogo selvaggio e particolare che pochi riescono a visitare.

Tuttavia, visto che ne costituisce il seguito, secondo me va letto dopo Educazione Siberiana, da non perdere, e Caduta Liibera.

 

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